Generazione Y: per i #millennials la questione è una sola. Lasciare il segno.

#instamood, #instacool, #likeforlikes, #picoftheday e chi più ne ha più ne metta…di hashtag. Ecco le parole chiave dei Millennials, ovvero le generazioni, in occidente così come in moltissimi paesi orientali, Giappone in primis – nate tra i primi anni ’80 e i primi anni 2000, che appaiono sui social più diffusi (e narcisistici) come Instagram, Snapchat, Twitter e Facebook. Lo scopo? Piacere.

Niente generalizzazioni o stereotipi, non tutti gli appartenenti alla generazione Y appartengono a questa tipologia. Ma una vera ossessione per l’apparire, la decorazione del sé e del proprio mondo immaginifico pare aver colpito, alla stregua di un virus, la stragrande maggioranza di questi ragazzi. Fatto presumibilmente dimostrabile dall’elevatissimo numero di selfie postati con filtri bellezza per eliminare qualunque imperfezione da volti, corpi e tutto ciò che sia riconducibile allo stile di vita.

I look esibiti, da copertina, giustificano set fotografici che spaziano dai bagni di casa propria alle località più cool ed esclusive cui forse nemmeno Paperon de’ Paperoni o Jessica Rabbit ambirebbero mai. Ci si domanda come possano permetterseli.

Nel bene o nel male, purché se ne parli

A questo punto i social media non sono semplici applicazioni, ma palcoscenici dove esibirsi e documentare quotidianamente – più volte al giorno, nel bene e nel male –  la propria vita. Come in una sorta di Grande Fratello perenne ed elevato alla massima potenza, l’obiettivo è la popolarità, fra le migliaia di contatti e determinata da piogge interminabili di like e commenti. Nel doloroso caso di insufficienza di like per un post, l’utente porterebbe addirittura sentirsi in dovere di eliminare il contenuto pubblicato e crearne uno nuovo all’altezza della situazione. E in questo caso ci si chiede come facciano, a quindici anni, a conoscere così tante persone.

Belli-belli, in modo assurdo

Un fenomeno che include studenti, professionisti, coppie, giovani genitori e che non sembra destinato a calare: al contrario, pare che l’ossessione di “apparire, anziché essere” sia in continua crescita e si diffonda tra ragazzini sempre più giovani e nati ben oltre gli anni 2000.

Immaginabile, in compenso, la differenza tra vita online e offline di questi profili (o alter ego) che, se sulle loro pagine al limite dell’irreale, appaiono belli da far paura e dotati di una insaziabile fame di visibilità, e che in casa conducono probabilmente, la classica vita qualunque, tra bollette da pagare e lista della spesa o nel caso dei più giovani, quella del normale teen ager a carico di mamma e papà.

Per non sentirsi fuori dal mondo

Difficile stabilire  quali siano le cause o le potenziali conseguenze di questo atteggiamento compulsivo. Dagli psicologi che analizzando questo “trend”, ma ciò emerge in modo palese, forse la spinta è il bisogno di approvazioneinsicurezza, bassa autostima che incitano a farsi influenzare dalla “massa” aderendo alle tendenze. Oppure, più in profondità, un senso di mancanza di attenzioni generalizzato, o derivato da situazioni peculiari e/o familiari pregresse. Il risultato comunque non cambia: dietro allo smartphone, tanta insicurezza e fragilità che alimentano desiderio di approvazione. Fingere o esibire realtà sbalorditive o stravolte sono sinonimo di appartenenza a determinati gruppi e standard. E sentirsi poco popolari e poco “followed” può tradursi spesso in ferita interiore reale dalla non “facile guarigione”.

Katia Ardemagni

ADS

GDPR COOKIE POLICY: Per poter gestire al meglio la tua navigazione su questo sito verranno temporaneamente memorizzate alcune informazioni in piccoli file di testo denominati cookie. È molto importante che tu sia informato e che accetti la politica sulla privacy e sui cookie di questo sito Web. Per ulteriori informazioni, leggi la nostra politica sulla privacy e sui cookie. OK, Accetta Informazioni