Si estendeva da Brembate a Cremona, passando per Vaprio, Cassano e Rivolta: il Lago Gerundo

Lo sapevate che fino al Medioevo, per una lunghezza di circa 60 km, comprendente anche parte della Martesana esisteva un lago? Il lago si chiamava Gerundo (dalla voce dialettale lombarda gèra, gerù, gerùn che significa “ghiaia”). Era una grande distesa d’acqua in mezzo alla Pianura Padana e si era formata in seguito al ritiro dei ghiacciai durante il Pleistocene, e che avevano lasciato un’ampia zona ghiaiosa.

Il lago cominciava a nord nei pressi di Brembate, scendeva a Vaprio, Cassano, Rivolta d’Adda, Lodi e giù fin quasi al Po tra Piacenza e Cremona. Risalendo sulla riva destra cremonese e bergamasca, lambiva i territori di Soresina, Soncino e Caravaggio, poi su fino a Gera d’Adda per poi ritornare a Brembate. In mezzo al lago c’era l’isola Fulcheria (da Fulcherio, capitano longobardo) con la città di Crema.

Una probabile concausa alla formazione del lago deve essere stata la presenza delle risorgive del Fiume Tormo nella piana alluvionale dell’Adda, situate oggi nel comune di Arzago d’Adda. Era in parte una immensa palude inospitale e malsana ma, in alcune zone e in alcune epoche, era anche navigabile e pescoso. Già al tempo dei romani furono compiute alcune opere di canalizzazione e di bonifica. Due strade consolari romane lambivano il lago: la via Emilia e la Via Postumia.

La sua scomparsa è da attribuire al lavoro di bonifica  dei monaci delle abbazie, benedettini e cistercensi (in particolare quelli di Abbadia Cerreto), che crearono una fitta rete di canali e rogge, in gran parte ancora oggi presente,  e ai lavori di potenziamento del canale della Muzza da parte dei lodigiani, oltre a fattori di drenaggio e assestamenti geologici, come il livellamento di depositi morenici nei pressi dell’immissione dell’Adda nel Po. Molti reperti dimostrano l’esistenza del lago Gerundo, come  il ritrovamento di  numerose piroghe rinvenute nei fiumi che interessano il territorio a dimostrazione del fatto che il lago fosse navigabile. Uno degli esemplari più belli e meglio conservati è visibile nel cortile del Museo di Crema, restaurato con sostanze speciali che ne hanno arrestato il processo di dissoluzione. E ancora alcuni reperti come le colonne per gli ormeggi delle navi (ad Arzago d’Adda, Pandino, Rivolta d’Adda, Casirate d’Adda, Truccazzano) e la toponomastica di alcune città (Brignano Gera d’Adda, Fara Gera d’Adda, Misano di Gera d’Adda etc.) .

Secondo le leggende popolari, il lago Gerundo sarebbe stato abitato da un drago chiamato Tarànto o più comunemente conosciuto come Tarantasio, un velenoso e mostruoso serpente, che col solo alito pestifero infestava l’aria (probabilmente le esalazioni, potevano essere dovute alla presenza nel sottosuolo di metano e di idrogeno solforato, un fenomeno misterioso per la popolazione di allora che, pertanto, addebitava il fenomeno ad esseri sconosciuti e fantasiosi). Tracce di carattere più “scientifico” erano, e sono, custodite in alcune chiese del territorio, sotto forma di ossa gigantesche rinvenute in quelli che un tempo erano i fondali del lago. Un osso gigantesco, e precisamente una costola di drago del Gerundo, è ancora oggi visibile appesa al soffitto della sacrestia della chiesa di San Bassiano a Pizzighettone  (in realtà la costola, probabilmente, appartiene a una balena fossile o a un elefante).

Curiosità

Alcune fonti popolari attribuiscono il prosciugamento e la bonifica del lago a san Cristoforo, che avrebbe sconfitto il drago, o a Federico Barbarossa. La più suggestiva riguarda l’uccisione del drago da parte del capostipite dei Visconti, il quale avrebbe poi adottato come simbolo la creatura sconfitta.

A  Calvenzano, gli abitanti del luogo avevano eretto un muro alto tre metri per difendersi dagli attacchi del mostro.

L’Eni avrebbe preso spunto da Tarantasio per disegnare il cane a sei zampe dell’Agip, visto che il primo giacimento di metano venne scoperto nel 1944 a Caviaga, frazione di Cavenago d’Adda, nel Lodigiano, in piena zona Gerundo.

Lo stesso stemma dell’Inter è un biscione, ripreso da questa leggenda tutta milanese e anche nel logo dell’Alfa Romeo e di Fininvest troviamo la stessa iconografia. Perfino sul Duomo è possibile scorgere un drago, molto simile a quello descritto. Il drago è visibile praticamente ovunque a Milano, basta fare un po’ di attenzione e lo si potrà trovare sulle insegne comunali, sulle fontanelle pubbliche, nella pavimentazione.

Ad Arzago (BG) è conservata una colonna che il sindaco abbraccia fisicamente quando giura fedeltà dopo la sua elezione e che, si dice, venisse utilizzata come punto d’attracco per le barche quando ancora sul territorio esisteva il lago.

Numerosi inoltre sono i comuni che dedicano una via al lago scomparso, mentre nella parte bergamasca del comune di Cassano d’Adda, esiste la località Taranta, probabilmente derivata dalla leggenda del drago.

Fonte e foto dal web

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